Riaprono anche le fiere
Ancora su Fiere e Digitale
Fra un po’, ma proprio poco, si spera, dovrebbero ripartire le fiere. Finalmente! Lo pensano tutti, lo dicono in tanti.
Un anno e mezzo di sosta è un tempo lungo, lunghissimo.
Secondo Maurizio Danese, presidente dell’Associazione enti fieristici italiani (Aefi), il settore nel 2020 ha perso l’80% del fatturato. Da un milione di euro è passato a 200.000 euro. Ma la voglia di ripartire è tanta. Per farlo, sempre secondo Danese, ci sono anche i soldi. Tra cassa integrazione, credito d’imposta, prestiti per 450 milioni e contributi a fondo perduto per 408 milioni ci sono tutte le condizioni per ripartire, “servono rapidamente i decreti attuativi per renderli disponibili”, dichiara a il Sole24ore.
Con vaccini, controllo della pandemia e una rapida ripartenza “possiamo prevede di raggiungere, nel 2021, – conclude Danese – il 60% del fatturato di un anno standard”.
Quindi c’è ottimismo e le fiere scalpitano per ripartire. Va tuttavia rilevato che se si sono fermate le manifestazioni non sono stati fermi i “neuroni” di quanti, a vari livelli, apicali e gestionali e a diverso titolo, si occupano di fiere.
Hanno pensato, immaginato, sperimentato nuovi approcci e nuovi format. L’uso del digitale, è stato l’argomento più dibattuto e, per riprendere un’espressione di Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine, il suo utilizzo “conviverà e si integrerà” con la fiera fisica. E’ una “strada tracciata” capace di fornire maggiori servizi agli espositori ad esempio “caricando le collezioni su piattaforma digitale 15-20 gironi prima.”
Integrare. Lo stesso termine è utilizzato dal presidente di BolognaFiere Gianpiero Calzolari per il quale, dapprima il digitale ha “sopperito” all’impossibilità dell’incontro fisico e ora invece si deve integrare e rendere possibile un “rapporto continuativo”.
Molto su questi temi si è discusso, nelle riviste specializzate, nei quotidiani di economia, in rete.
Una discussione interessante è avvenuta su LinkedIn a cui abbiamo partecipato anche noi (vedi l’intervento dello scorso gennaio (Fiere sì, fiere no, fiere come) e che è stata in gran parte animata da Elena Lanza, Coordinatore Business Unit Stand Preallestiti at Prostand – Exhibition.
Nella discussione sono intervenuti molti professionisti del settore che operano nelle varie unit business dei principali enti fieristici. La riflessione si è in particolare concentrata a ripensare il segmento degli allestimenti e degli stand, quindi “l’essere in fiera”. Prendiamo, a titolo di sintesi alcune riflessioni escite dalla tastiera di Elena. Si legge “stand con meno porta-depliant e più porta-tecnologie e maggior richiesta e utilizzo di postazioni e tecnologie per poter collegare – tramite le piattaforme di videocall a cui siamo ormai abituatissimi – i clienti presenti in fiera con figure dell’azienda non presenti ma che possono essere fondamentali per concludere un affare (CEO, Direttori) o per dare dettagli tecnici (specialisti, operativi). Perché poter vedere una persona, si sa, aumenta esponenzialmente l’empatia, l’efficacia e la capacità di comprendere l’altro. In questo modo, possono essere presenti in fiera fisicamente solo le persone essenziali (con conseguente risparmio), ma virtualmente tutta l’azienda.”
Riassumendo. Il digitale dovrebbe lasciarsi alle spalle la funzione di aver “sopperito” per “integrarsi” fornendo “continuità” di relazione tra fiere ed espositori, maggiore efficienza nei servizi, superiore potenza relazionale e aggiungeremmo una ulteriore strumentazione alla spettacolarizzazione di alcuni momenti.
Su questa linea, si spera, venga superato il termine di “ibrido”, utilizzato a piene mani nell’ultimo periodo. In prima battuta, infatti, ibrido significa “bastardo” ma negli ultimi tempi ha derivato il significato dall’auto ibrida, quell’auto che ora va a carburante fossile, ora a energia elettrica. Mai insieme.
E, in effetti, un pericolo c’è e che possiamo esemplificare così:
trovarsi in fiera per assistere a un webinar. Sarebbe come una cena romantica dove ognuno dei due non è attratto dagli occhi e dal profumo dell’altro, ma ciascuno dal suo cellulare. Sarebbe una delusione.